domenica 22 maggio 2016

Da una donna per le donne


Ho ascoltato le voci di molte donne: creature coraggiose, insicure, indipendenti, rigide, protettive, colleriche, introspettive, frivole, sagge e autorevoli, solari e innocenti, generose, gelose, creative.... Un giardino ricchissimo e vibrante che profuma di tutte le espressioni dell'essere donna e in cui le varie  fresie, rose, papaveri, girasoli che ho incontrato possono ritrovare nella sorellanza e nella condivisione una via per intraprendere un cammino di rivelazione e scoperta.
Diceva Goethe: "non si cammina solo per arrivare ma anche per vivere mentre si cammina". Ho sempre amato questa frase che rappresenta forse un modello pedagogico obsoleto, in un'eta' in cui la meta e' rappresentata da obiettivi quantitativamente misurabili e in cui la formazione armonica e integrale dell'uomo e' sacrificata in nome di un addestramento frammentario e immediatamente spendibile. L'uomo e la donna sono mente, corpo, emozioni, intuizioni...
In tale prospettiva, ho voluto favorire l'incontro e il confronto di donne che con le loro sfide, difficolta', successi sono accomunate dall'aver trovato - o dall'essere ancora in cerca di - uno spazio in una citta' che, al di la' delle apparenze, non e' sempre facile.
Porsi in ascolto della propria energia vitale e dei propri desideri piu' profondi e' un viaggio che risulta piu' semplice e stimolante quando si danza assieme, facendo affiorare nuove sinergie e alchimie.
"Il risveglio della dea" nasce cosi': un percorso tutto al femminile in cui far crescere e curare la propria intuizione e in cui le donne, sfrondate le proprie cautele e la propria atavica rivalita', possono rifiorire come alleate.
Credo nella forza creativa, appassionata e selvaggia di ogni donna e nella risolutezza con cui ognuna di noi sa percorrere i sentieri delle proprie insoddisfazioni, delle proprie incertezze e insicurezze, della propria rabbia e del  proprio dolore per farne un'occasione di crescita e  cambiamento.
Celebrare il proprio valore, vivere una vita piena di significato, prendere la responsabilità della propria vita, delle proprie emozioni e delle proprie scelte, smettere di sentirsi vittime, di lasciarsi vivere e di lamentarsi: questo e' cio' che auguro a ogni donna.


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mercoledì 18 maggio 2016

L'atelier della memoria

Un po' di tempo fa, ho avuto modo di leggere “L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello” , in cui il neurologo Oliver Sacks descrive, con la rigorosità del clinico e la sensibilità del romanziere, l'incontro con pazienti affetti da lesioni neurologiche di vario tipo. Il libro narra di come alcuni dei suoi pazienti siano riusciti a trovare un equilibrio a dispetto della malattia. Sacks rifiuta di interpretare la malattia alla luce di deficit e mancanze, ma propone dei percorsi costruiti alla luce “dell'essere nel mondo” delle persone che incontra, del loro “Dasein”, per usare un termine fenomenologico- esistenziale.

In quanto neurologo, Sacks si e' occupato esclusivamente di problemi della memoria di origine neurologica . Noi sappiamo pero' che le capacità mnestiche sono legate a vari fattori: neurologici (assenza di lesioni cerebrali); cognitivi (percezione, linguaggio e pensiero); motivazionali (interesse per l’informazione da memorizzare); emozionali (le cose abituali scivolano dalla memoria, quelle che procurano emozioni, positive o negative che siano, lasciano un segno indelebile).

Con l'avanzare dell'età, e' normale fare un po' di fatica a imparare nuovi concetti o a ricordare impegni e appuntamenti e anche soggetti giovani possono accusare difficoltà di concentrazione e memoria. Per offrire un valido aiuto a chi soffre di difficoltà mnestiche, il metodo Memory Power Improvement (M.P.I.) si propone sia come aiuto preventivo sia come intervento orientato a un riequilibrio globale, coinvolgendo tutti i canali informatori: sensoriali-percettivi, organizzativo-corporei, creativi, umoristici, immaginativo-mentali e altri ancora. Il metodo e' orientato a coinvolgere interamente la persona e si avvale di tecniche che consentono a ciascuno di far risaltare le proprie risorse, capacità e strategie personali.

martedì 27 ottobre 2015

Perche' litigano sempre?

All'inizio la quiete: giocano insieme, parlano, ridono e sembrano adorarsi. Poi tutto a un tratto, il piu' piccolo vuole stabilire le regole del gioco e...si scatena l'inferno. Urla disumane, zuffe, baruffe, calci, capricci e chi piu' ne ha, piu' ne metta!
Chissà quante volte ti e' capitato di assistere a scenette come queste... e tu? Sempre piu' stanca e propensa a riportare in vita la vecchia pratica dello sculaccione.
A volte fai dei respiri profondi, conti fino a dieci e, armata del manuale del perfetto genitore, cerchi di sedare la lite o, con l'atteggiamento dell'arbitro severo e irreprensibile, cerchi un colpevole a tutti i costi: niente sembra funzionare e ti senti sempre piu' impotente.
Hai letto tanti libri sull'argomento e sai bene che una delle cause di questi continui parapiglia e' una fisiologica gelosia tra fratelli e che in palio, per le tue piccole pesti, c'e' il tuo amore esclusivo. I bambini si aspettano che il tempo e la dedizione di mamma e papa' siano solo per se' e non sono affatto disposti a condividere quei succulenti privilegi con l'amato/odiato fratello!
La buona notizia e' che come genitore puoi gestire efficacemente queste richieste e puoi guidare i tuoi figli a divenire sempre piu' sereni, sicuri e consapevoli delle loro emozioni e delle loro peculiarita'.
Ti basta riconoscere che la gelosia fa parte del nutrito ventaglio delle emozioni e che questi litigi quotidiani, se gestiti con abilita' e competenza, possono diventare delle eccellenti occasioni di crescita sociale ed emotiva per i tuoi bambini.
Con tale consapevolezza, equipaggiata di calma e costanza, potrai educare i tuoi bambini alla condivisione dell'amore e alla gestione efficace dei conflitti.


Se hai episodi da raccontare o se vuoi suggerire le frasi e i comportamenti che hanno funzionato, scrivimi e nel prossimo articolo cercheremo di capire se e come intervenire nelle liti tra fratelli.

mercoledì 9 settembre 2015

Bullismo e prevenzione


Giovani e bullismo
La vita di molti ragazzi e' attraversata dal preoccupante fenomeno del bullismo che incide nel loro benessere personale e sociale e che oggi diventa sempre più insidioso col diffondersi di strumenti quali blog, siti web, messaggeria istantanea e usati dai cosiddetti “cyberbulli” per “seguire” la vittima anche tra le rassicuranti mura domestiche. La scuola e le comunità adulte non possono più sottovalutare fenomeni di tale portata ma devono acquisire le abilità necessarie per fronteggiarli consapevolmente. Prevenire e contrastare il bullismo richiede nuove competenze alla scuola che oggi più che mai deve assolvere con piena consapevolezza la propria funzione educativa.

Che cosa è il bullismo e chi sono le vittime?
Per usare le parole di uno dei più grandi studiosi del fenomeno: "Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni"(Olweus, 1993). Ciò che contraddistingue il bullismo da altre manifestazioni violente che vedono coinvolti i ragazzi e' perciò l'intenzione di arrecare un danno, attraverso comportamenti ripetuti e non occasionali, nei confronti di un coetaneo ritenuto piu' debole fisicamente e/o psicologicamente. Il problema delle prepotenze tra soggetti in eta' evolutiva è sicuramente di origine antica, basti pensare alle numerose pagine dedicate ai bulli nella letteratura: gli atti brutali compiuti nei confronti di Basini ne “I turbamenti del giovane Tòrless” (1906) o la descrizione di Piggy, il ragazzino ciccione e occhialuto, de “il Signore delle mosche” (1954), che diviene bersaglio del prepotente Jack e della cricca di gregari compiacenti che lo spalleggiano, ricordano tristemente gli attuali episodi di bullismo.

Opporsi si può
La ricerca recente ha messo in luce la complessità del fenomeno, che non e' legato semplicemente a specifiche caratteristiche del bullo e della vittima ma coinvolge il “pubblico” dei compagni che possono accettare, tacitamente o in modo esplicito, il comportamento del bullo e supportarlo nel compimento delle sue angherie. Se un ruolo importante e' svolto dal gruppo dei pari, non si può tacere il peso che hanno anche gli adulti: modelli educativi eccessivamente permissivi e tolleranti da parte dei genitori, assenza di controllo e monitoraggio da parte della scuola o azioni inadeguate da parte degli adulti/educatori hanno spesso l'infausto effetto di amplificare le condotte devianti. Essendo il bullismo un fenomeno complesso, legato ad un sistema di relazioni che possono amplificarlo o ridimensionarlo, gli interventi che, a livello internazionale, hanno avuto maggiore successo sono quelli che hanno coinvolto l’intera comunità scolastica. Perché il fenomeno possa essere affrontato e sconfitto e' necessario il coinvolgimento di tutti gli attori (personale docente e non docente, genitori, ecc) in incontri e dibattiti che permettano di prendere coscienza del fenomeno e delimitarne gli aspetti salienti. A questa prima fase deve seguire la formazione degli insegnanti affinché possano affinare le capacità di attenzione, lettura e interpretazione dei “segnali” di disagio e possano acquisire gli strumenti per guidare gli alunni, nello sviluppo di capacità relazionali, emotive ed affettive necessarie per migliorare la cooperazione e sviluppare atteggiamenti anti-bullismo e di difesa. Incidere sulle dinamiche interne alla classe significa anche definire le regole antibullismo (per far ciò si possono utilizzare stimoli letterari, cinematografici o di role-playing), stabilendo dei confini ben delineati rispetto a comportamenti inaccettabili e applicando fermamente le sanzioni precedentemente codificate e condivise. L'ultimo livello di azione può riguardare la creazione di sportelli di ascolto e percorsi individuali per le vittime e peri bulli e che permettano ai primi di riacquistare fiducia e autostima e ai secondi di sviluppare idonee competenze sociali ed emotive.





giovedì 14 maggio 2015

Bilinguismo e sviluppo del linguaggio

    Il fenomeno del bilinguismo è in costante aumento e, indipendentemente dalla lingua alla quale i bambini sono esposti, il processo di acquisizione del linguaggio sembra progredire attraverso le stesse tappe e modalità.
    Nonostante la letteratura e l'esperienza concordino nell'affermare che il bilinguismo fornisce benefici sia pratici che culturali e cognitivi, le perplessità' sono ancora tante. Si teme ad esempio che apprendere due lingue richieda uno sforzo eccessivo per un bambino. In realtà' l’apprendimento delle lingue durante la prima infanzia è qualcosa di naturale, sia che si tratti di una sola lingua, che di più lingue contemporaneamente.
    Dagli studi condotti finora, il quadro che emerge del bambino esposto a due lingue è quello di un individuo dotato di particolari abilità creative e attentive. I bilingui sarebbero avvantaggiati nelle situazioni che richiedono una buona attenzione selettiva, come capita quando si devono gestire più compiti contemporaneamente o si deve passare velocemente da un compito all’altro.
    La conoscenza di più lingue darà, inoltre, più possibilità di scelta nella vita, maggiore apertura e comprensione di culture diverse e una maggiore consapevolezza della struttura e del funzionamento delle lingue che può' risultare particolarmente vantaggiosa nell'acquisizione di altre lingue straniere.  

giovedì 30 aprile 2015

"Dislessia" ed etichette diagnostice

    Negli ultimi anni, il termine “dislessia” è entrato sempre più a far parte del nostro vocabolario e il numero dei soggetti con difficolta' di lettura e' in continuo e costante aumento.
    La scuola, da parte sua, ha assunto una veste sempre piu' produttivistica, perdendo di vista la propria funzione educativa e l'importanza di tempi distesi e rilassati nel processo didattico. Se nel 1980 l'apprendimento della lettura e della scrittura avveniva nel primo ciclo (prima e seconda elementare) adesso la corsa al risultato immediato e' diventata imperativo categorico e tre mesi appaiono piu' che sufficienti per un'adeguata competenza. Le attese di efficienza immediata gravano sulle stesse insegnanti che devono apparire come solerti e produttive. I bambini che non riescono a tener il passo degli altri entrano nel circuito morboso della caccia al deficit e, etichettati come “dislessici”, sono sottoposti a “trattamenti” patologico-terapeutici che perdono di vista il confine tra l'ammaestramento e la vera educazione.
    Tutto cio' che non rientra nella media viene ricondotto a un disturbo o a una malattia. La patologizzazione dei presunti “dislessici” permette di collocare le difficolta' dei bambini in un contenitore ben specifico e non richiede spreco di tempo ed energie in ulteriori approfondimenti: sara' sufficiente ricorrere a misure compensative (calcolatrici, lettori vocali, ecc) e dispensative per essere certi di aver svolto al meglio il proprio compito.
    Da un punto di vista squisitamente pedagogico, in realta' le etichette appaiono poco utili: l'obiettivo non e' dare un nome alle difficolta' di Carletto o Lorenzo ma garantire a ciascun bambino appropriate condizioni ed opportunità di apprendimento permettendogli di sperimentare sempre curiosita' e voglia di imparare.
    Attraverso un metodo olistico, che guarda alla globalita' della persona e non solo alla sua difficolta', la pedagogia clinica aiuta la persona a ricostruire il proprio equilibrio psico-emozionale e a soddisfare il bisogno primario di esprimersi. 
    La pedagogia clinica, avvalendosi di modalita' diagnostiche e di intervento pedagogico notevolmente diverse dai procedimenti abitualmente usati, e' in grado di aiutare il soggetto a sfruttare le sue potenzialità, a trovare le risposte pratiche per vincere difficoltà e disagi e a ritrovare il piacere e la gioia di apprendere.




giovedì 12 febbraio 2015

Tutto è creatività, in ogni mutamento e in ciascun individuo. Alden B. Dow (architetto)


Se osserviamo l’uomo di oggi, notiamo un profondo bisogno di alimentare positivamente il proprio essere e conquistare equilibrio ed armoniaLa pedagogia clinica offre un'occasione formativa privilegiata per trovare risposta a tale ricerca, proponendo percorsi capaci di soddisfare l'intimo bisogno di esplorazione e valorizzazione del proprio potenziale.


Attraverso un processo attivo, mediato dal linguaggio artistico, e' possibile attivare nuove modalita' di comunicazione, e incrementare percorsi di apertura verso se' stessi e verso gli altri.


Il soggetto, avvalendosi dei linguaggi dell'arte, ha la possibilità di attivare le proprie risorse, entrare in comunicazione con il proprio mondo interiore, dare forma al proprio vissuto e trasmetterlo creativamente dando vita ad un orientamento ed un atteggiamento positivi.

Chi intende avvicinarsi a tale percorso non deve necessariamente possedere competenze di tipo artistico: lo scopo non e' forgiare poeti, pittori, musicisti o danzatori, bensì offrire all’uomo la scoperta di nuovi linguaggi espressivi.
Lo scopo non e' quello "terapeutico" d'interpretare i significati delle produzioni individuali o collettive; non e' neanche quello di formulare un giudizio estetico del prodotto. Scopo del percorso e' portare alla luce la propria umanita' e il proprio sentire profondo, al fine di godere del piacere di creare, di lasciare le proprie tracce, di trasformare e avvicinarsi nel contempo ad una migliore relazione con se' stesso e con gli altri.